Bambini e Famiglie nel post adozione, buone prassi e criticità

Bambini e Famiglie nel post adozione, buone prassi e criticità

La Maloca Centro adozioniCentro Adozioni “ La Maloca” – L’adozione ha un prima e un dopo.
Il tempo dell’attesa per la coppia che intraprende il percorso adottivo con il Centro Adozioni La Maloca costituisce oggi una fase  sempre più lunga  e faticosa con il plausibile rischio di arrivare alla fase finale- abbinamento, partenza per il paese straniero, incontro con il bambino, tempo di permanenza nel paese- emotivamente “scarica”. La progettualità che l’Ente ha costruito tende perciò a sostenere e accompagnare in un periodo di tempo che si prevede significativamente lungo – mediamente dai 6/12 ai 40/42 mesi – le coppie che spesso vivono questo tempo con un acuto senso di solitudine  esprimendo un vissuto d’abbandono che inconsapevolmente le porta  ad identificarsi con il bambino che attendono.

Nel contempo questo periodo può costituire una grande opportunità per riflettere e approfondire il lavoro di preparazione al futuro impegno di genitore e all’incontro con il bambino in stato di abbandono.
E’, quello dell’attesa, il tempo, importantissimo, in cui iniziare a tessere quel rapporto di fiducia con l’Ente che permetterà alla futura famiglia  di chiedere aiuto nel momento della difficoltà.
Con post-adozione si indica la fase a partire dalla quale il bambino è stato inserito nel nuovo contesto familiare.
Se la sfida è quella di considerare il pre e il post-adozione  fasi coerenti del medesimo impegno in un’ottica operativa fortemente caratterizzata dall’accompagnamento come dimensione che deve caratterizzare tutto il procedimento adottivo, possiamo indicare come obiettivo generale del sostegno postadottivo quello di sostenere la famiglia adottiva favorendo la costruzione di buoni legami di attaccamento e appartenenza che siano fonte di benessere per il bambino e i genitori.

Le iniziative dell’Ente sono dedicate a sostenere i genitori nel delicato avvio del rapporto di filiazione adottiva non solo una volta che questi faranno ritorno in Italia con il bambino e per i successivi due anni, ma anche con  un accompagnamento puntuale quando  sono nel paese di origine del bambino e ancora prima della loro partenza.
Il post adozione comincia nel momento in cui, con l’accoglimento della proposta di abbinamento, la coppia diventa una coppia di genitori.
E’ opportuno, allora, che la presa in carico del nucleo adottivo cominci il più tempestivamente possibile, meglio ancora se prima dell’arrivo del bambino. Sappiamo, per esperienza, che nei primi due, tre mesi accadono tantissime cose, vengono fatte  delle scelte non sempre opportune come ad esempio un troppo frettoloso inserimento nei contesti educativi, ci si riorganizza nel lavoro e nella quotidianità, si instaurano in famiglia precisi comportamenti relazionali. Su tutto questo è poi più difficile intervenire. Più utile è risultato nel tempo non far coincidere l’inizio del post-adozione con il rientro della famiglia in Italia, ma avviarlo quando si verifica l’abbinamento, quando cioè il bambino non è fisicamente in casa ma c’è una identità di genere, nominale, una foto, una storia. Da queste considerazioni prendono l’avvio le iniziative, organizzate dal Centro Adozioni “La Maloca”  che orientano l’inizio del lavoro di supporto e sostegno alla famiglia adottiva.                       
1
Preparazione della coppia al Paese di Origine del bambino
1.   Prima della partenza
a.  L’abbinamento: dalla prima telefonata, alla lettura preliminare con il gruppo segreteria della scheda del bambino,  alla decisione di accettare l’abbinamento.
b.  Lettura approfondita della scheda del bambino con la psicologa:  suggerimenti e prefigurazione dei possibili comportamenti  relativi l’incontro e i primi giorni.

Loredana Paradiso nel suo libro “Prepararsi all’adozione” ( Edizioni Unicopli, Milano 1999, 2002, 2015 a) da cui il presente articolo prende ispirazione, approfondisce il tema dell’incontro adottivo identificandolo come  uno dei momenti più delicati del percorso adottivo.
L’autrice sostiene che l’incontro   è una fase del ciclo di vita della famiglia adottiva in cui  “Il progetto, le fantasie, i sogni, i pensieri le preoccupazioni che hanno accompagnato l’attesa iniziano a lasciare il posto alla realtà, a sensazioni ed emozioni intense, la coppia si trova di fronte ad un bambino reale, con precise caratteristiche fisiche, e una sua storia, a esigenze e bisogni che richiedono di essere soddisfatti ma prima di tutto compresi. E’ un momento che richiede un’attenta preparazione, perché racchiude in sé le potenzialità per  un attaccamento positivo e per il riconoscimento reciproco di sé come genitori e del bambino come figlio.”(op.citata pp 111-112)
E’ necessario quindi, quando un bambino viene adottato e tanto più se è già grande, che la coppia rifletta e non dimentichi che arriva nel contesto familiare  dopo un tempo lungo trascorso in un ambiente che non ha risposto ai suoi bisogni fondamentali proprio nel periodo di strutturazione della sua personalità, si avvicinerà quindi alla coppia con ansietà,  ma anche con rabbia o compiacenza.
La Paradiso sostiene che “L’incontro è allora un momento critico, perché unisce due storie, due persone fino a quel momento lontane, estranee che poco a poco diventano familiari: il genitore si trova di fronte ad un bambino che ha desiderato per molto tempo, il bambino si avvicina a due genitori in seguito alla perdita di quelli biologici. Questa estraneità in breve tempo si potrà trasformare in un rapporto di filiazione: i genitori diventano responsabili di quel bambino, il bambino da parte sua riconosce quegli adulti come propri genitori.”( ibidem  p.112). 

Attraverso la lettura approfondita della relazione che  accompagna l’abbinamento è  possibile lavorare con le famiglie per potenziarne le risorse rafforzando le attitudini all’ascolto e le
competenze  cognitive e relazionali  utili a interpretare correttamente i comportamenti del bambino per rispondere pienamente ai  suoi bisogni.
Come accoglierlo? Cosa aspettarsi da un piccolo che per un tempo lungo è vissuto in una famiglia sostituta?…e se piange? E cosa da un bambino che ha attraversato  più situazioni di transizione? Cosa significa quando un bambino già grande  si mostra disinvolto  e compiacente? Quali sono gli oggetti- ponte che possono aiutare? sono gli aspetti su cui si riflette insieme in questa prima fase del lavoro di supporto e sostegno. I genitori sono sollecitati  a entrare in risonanza con le esperienze che il bambino ha vissuto e comprendere  che i comportamenti  a volte problematici che si potranno verificare sono  il riflesso del disagio derivante dalle esperienze precedenti dettati dall’ansia e dall’incertezza. Per quanto adattabile sia non è facile per un bambino abituarsi a persone sconosciute e problemi di assestamento alla nuova situazione esistenziale sono da considerarsi normali. Come pensare di affrontare la fatica ad addormentarsi del bambino senza comprendere che addormentarsi significa affidarsi? Come può un bambino che non conosce ancora le persone che si presentano a lui come i genitori “per sempre” lasciarsi andare? Nel contempo i genitori, fin da ora, sono  impegnati emotivamente  a fronteggiare le ansie rispetto alle proprie capacità di assolvere un compito genitoriale  complesso, a confrontare l’immagine che si erano creati  del bambino con quella reale che questi rimanda loro già dalla fotografia consegnata all’atto dell’accoglimento della proposta di abbinamento, a immaginare, in questo lavoro preliminare, scenari possibili e prefigurarli.
Un aspetto che incide al momento dell’incontro, soprattutto con i bambini più grandi, e che è bene considerare, riguarda la capacità di parlare con il bambino. La  Paradiso approfondisce il tema della competenza linguistica  precisando l’importanza che assume  nella  formazione  del rapporto genitore-figlio. La possibilità di comprendersi almeno sulle espressioni tipica della lingua madre del bambino è un aspetto che facilita  il rapporto genitori-figlio.  Per questo è importante che i genitori nella fase di incontro-conoscenza  siano in grado di comunicare nella lingua madre del bambino almeno sulle espressioni legate ai bisogni primari. Questa attenzione semplifica   l’approccio con il bambino soprattutto nei confronti della soddisfazione dei  bisogni primari del figlio.
c.  I preparativi per la partenza, organizzazione del viaggio, ultimi  documenti.
d.  Il viaggio per la Colombia
2.  L’arrivo in Colombia e l’incontro con il Bambino
a.  L’arrivo in Colombia e l’incontro con l’Avvocato.
b.  L’incontro con il bambino: scenari possibili.
E, ancora, un prima e un dopo. La Paradiso aggiunge: “L’incontro tra genitori e il bambino è un momento delicato della formazione della famiglia adottiva e dello sviluppo della relazione genitori-figlio: si avviano i primi processi di conoscenza reciproca, fiducia, attaccamento. La coppia e il bambino cominciano a frequentarsi e passano da una situazione di totale estraneità a una di conoscenza. Ogni cambiamento richiede tempo per capire quello che sta avvenendo, per conoscersi, per immaginare il futuro”(op citata p.113).

L’arrivo  di un figlio, sia per nascita biologica che per nascita affettiva, è un evento cruciale per la vita di un uomo, di una donna e della coppia,uno spartiacque che definisce nettamente due fasi distinte della vita: ci sono gli anni “prima” dell’arrivo del bambino e quelli “dopo” segnati dalla sua presenza.
In particolare,  l’autrice precisa che passare dalla dimensione di coppia a quella del diventare genitori, dell’essere genitori, significa transitare verso una fase della vita fatta di cambiamenti importanti a livello di organizzazione o meglio riorganizzazione della propria identità, una identità nuova quella di genitore che rappresenta una dimensione della vita adulta diversa in cui è necessario attivare nuove risorse, modalità relazionali e cognitive,   e modificare la vita e
l’organizzazione familiare attraverso  progressivi aggiustamenti. Sottolinea  che l’adozione  è   un’esperienza questa che comporta, quindi, un processo di ridefinizione dell’identità sia del singolo che della coppia che affonda le sue radici nella storia personale di ognuno, nei rapporti affettivi che sono stati sperimentati nel proprio contesto familiare, che richiama alla memoria vicende ed esperienze infantili passate.
La memoria dei propri vissuti e in particolare delle esperienze dei legami di attaccamento ai propri genitori, può diventare la chiave interpretativa rispetto al presente  e si connette con le aspettative e i percorsi da attivare riguardo al futuro.
La Paradiso si sofferma anche sul fatto che l’arrivo di un bambino, peraltro, non è solo un evento che riguarda la coppia ma dà origine e ridefinisce nuovi ruoli per tutta la famiglia allargata. Si passa dalla condizione di figli a quella di genitori, da genitori a nonni, da fratelli a zii.
Alla coppia viene richiesto di attivare un rapporto di cura nei confronti del figlio, di esercitare una funzione genitoriale  affettiva,   normativa,  di regolazione  fisiologica-emotiva ( Paradiso, 2015 b)  che si sostanzia nei comportamenti quotidiani di affettività, contenimento emotivo, di sostegno e promozione alla crescita e allo sviluppo attraverso l’educazione al rispetto delle norme, tutti percorsi, questi, riconducibili ai propri vissuti di figli.
La Paradiso approfondisce anche l’aspetto legato alla ridefinizione delle rappresentazioni sociali di sé e del proprio partner: infatti,  nel diventare genitore la coppia  si confronta da una parte con la propria immagine rispetto al ruolo sociale e dall’altra con la propria capacità ad entrare in relazione con la realtà infantile, realtà che le è estranea in quanto non ha mai partecipato i maniera diretta al lavoro di cura dei bambini; tutto è mediato non dall’esperienza ma da un sistema di informazione proposta dai mass-media che, soprattutto per il tema dell’adozione, è superficiale  e a volte distorta.
Questi sono solo alcuni aspetti della condizione, della realtà genitoriale che rendono conto della difficoltà della transizione.
L’autrice, nel libro Prepararsi all’adozione precisa:“Quello della nascita adottiva è il tempo in cui i genitori hanno bisogno di attivare la  disponibilità a conoscere il bambino -le sue esigenze, i suoi bisogni, le espressioni, le abitudini, i comportamenti- e a farsi conoscere.. è il momento in cui persone con storie del tutto diverse iniziano un percorso di vita in cui un bambino con bisogni precisi è accolto, ascoltato, amato”
( op.citata pp125-126)).
c.  L’iter burocratico per finalizzare l’adozione.
3. Con il Bambino in Colombia
a. I momenti belli e difficili dei primi momenti di convivenza, aiuto nel momento della difficoltà.
I genitori in genere riconoscono di sentirsi pronti ad affrontare il quotidiano con la dimensione di imprevedibilità che esso comporta, senza banalizzare  e senza spaventarsi di fronte alle situazioni che potrebbero presentarsi, ma l’esperienza concreta ha sempre un impatto emotivo molto
potente. La Paradiso nel libro Prepararsi all’adozione ( 1999,2002, 2015) descrive che  i bambini che  hanno vissuto una esperienza di trascuratezza e di  abbandono, possono presentare  stili di attaccamento evitante,  insicuro o disorganizzato e  che i genitori saranno chiamati a sostenere il bambino nel suo percorso di riorganizzazione dei legami di attaccamento ( Paradiso, 2015b).  I bambini che entrano in un percorso adottivo  abbandoneranno  un paese, una lingua madre, sapori e odori, una cultura e tanto altro. Di fronte a possibili comportamenti di isolamento e di introversione dei bambini che fare?  Come rassicurare un bambino spaventato? Come arginare le manifestazioni ambivalenti  di un bambino arrabbiato? Che ne è della “luna di miele” di cui hanno sentito parlare? Immaginano di potersi dare il tempo di poter comprendere, di poter conquistare la fiducia del bambino cercando di trasmettere un messaggio di accoglienza e di affetto, di poter  superare insieme le paure  e stabilire una nuova relazione positiva e di fiducia, di poter far sentire una presenza rassicurante e forte a cui affidarsi attraverso il contenimento emotivo, ma l’impatto della nuova quotidianità è potente e destabilizzante e nonostante il lavoro preliminare di prefigurazione, le letture, le esperienze, la coppia spesso sente di aver bisogno di aiuto. E’ un “Sos” che viene inviato all’altro capo del mondo e che raccolto aiuta a proseguire con maggiore serenità il percorso.
b. Come impostare  la neo vita famigliare ( dove alloggiare, cosa mangiare, gli acquisti, cosa fare durante il giorno, eccetera).
c. Cosa fare (tempo libero, attività turistiche).

4.   In Italia

a.    Il rientro e primi giorni a casa.
Molte difficoltà si potranno incontrare lungo il cammino di crescita della famiglia adottiva  e sarà necessario che fin dall’inizio della relazione non vengano negate le storie di ciascuno.
L’autrice descrive in modo dettagliato  i vissuti del bambino e della coppia genitoriale nella fase del ciclo di vita di  inserimento-adattamento: “Il bambino nell’entrare in una nuova famiglia entra in un nuovo universo.
Intorno a lui tutto cambia: lo spazio, la lingua, gli usi e i costumi, le modalità di stare insieme degli adulti tra loro e con i bambini, le modalità di dimostrare affetto”(op p.129)
La conoscenza dei vissuti del bambino deprivato, abbandonato, bisognoso di accudimento, offre ai genitori la possibilità di calarsi nei suoi panni e comprendere la  sfera emozionale da cui partono spesso le difficoltà. Fin dal suo ingresso in famiglia e spesso anche prima di questo, le risposte comportamentali del bambino, generate dalle sue carenze si mostrano in continuità con stili appresi in precedenza.  
Il  genitore deve essere capace di tenere presente la sofferenza del bambino, rispettandolo nei suoi tempi di elaborazione, la capacità di “farsi contenitore”  è un compito genitoriale assai complesso che permette al bambino di comunicare i propri vissuti di sofferenza senza agirli, significa essere capaci di contenere l’angoscia del bambino, di essere per lui supporto mentale nel momento in cui  attraversa le sue vicissitudini emotive.
Adulti in grado di fare questo, accolgono l’emozione troppo forte del bambino, la contengono e restituiscono una risposta bonificata, un’emozione che ha un significato, che si può comprendere e quindi tollerare, fare propria e interiorizzare.
L’adulto fornisce l’esempio di una mente che pensa e favorisce la speranza e la fiducia del bambino, quindi la possibilità di dipendere da chi lo educa, di aver bisogno di chi lo può aiutare.
La possibilità che abbiamo di pensare, l’attivazione di una funzione cognitiva dipende dunque anche dall’aver potuto incontrare una relazione in cui l’altro è stato in grado di contenerci e di aiutarci a mettere dentro di noi una mente che pensa, la capacità di aspettare, di rinviare la soddisfazione immediata dei nostri bisogni.
I genitori adottivi hanno appreso e  sono consapevoli che per i bambini un’esperienza di perdita ha come conseguenza naturale un processo di elaborazione si svolge nel tempo e attraversa fasi di disorientamento, ansia, disperazione, rabbia.
Sono preparati  al fatto che il bambino adottato passa spesso da una condizione di ipo a una di iper stimolazione e che  questo può causare ribellione o regressione e che spesso è muto sul piano delle manifestazioni esterne di affetto o esprime addirittura aggressività.
Hanno riflettuto sul ruolo genitoriale che andranno a ricoprire e sulla responsabilità etica ed educativa di crescere un figlio, hanno affinato la capacità di prefigurarsi situazioni concrete, di rappresentarsi risorse e difficoltà, di immaginare situazioni, eventi intuendone la connotazione emotiva e affettiva potenziale.
Nel loro percorso  hanno acquisito consapevolezza della differente complessità che la genitorialità adottiva porta con sé; sanno che le modalità relazionali e affettive del bambino dipendono dalla sua storia, dal suo percorso, ma anche dalla sua capacità di resilienza e si sentono disponibili ad accogliere le diverse manifestazioni che  potrà  presentare come esito della sua particolare storia di sofferenza. Sanno che sono comuni comportamenti di messa alla prova allo scopo di verificare la tenuta dell’affetto dichiarato dai genitori adottivi, la tendenza alla bugia, il manifestarsi di comportamenti oppositivi, il deficit del controllo degli impulsi che rappresentano diversi aspetti del disagio del bambino in un’ottica comunicativa e relazionale. Così come sanno che l’ipereccitabilità motoria  indica il non essere stati contenuti e pensati, non aver sperimentato confini certi, non aver introiettato regole, o al contrario che comportamenti quali l’essere troppo “bravi”, eccessivamente compiacenti, essere degli “omini di gesso”, denota il bastare a se stessi, il   non aver bisogno di nessuno perché aver bisogno significa riconoscere l’altro da sé,  un altro che, ancora una volta  potrebbe ferire e, ancora, che potrebbero incontrare bambini anestetizzati, con una soglia del dolore altissima, che si mettono in situazioni di pericolo perché nessuno li ha accompagnati nella crescita.
Sono consapevoli che le manifestazioni comportamentali che i  bambini possono mettere in atto quali evitamento, chiusura, ostilità, compiacenza, aggressività sono tutte espressioni del disagio derivato dalla loro storia e che esse vanno affrontate con attenzione, sensibilità, dandosi tempo per osservare,  tempo per comprendere.  
Come genitori sanno che potranno essere chiamati a fronteggiare momenti difficili come quelli descritti ma anche di essere chiamati a sviluppare una relazione terapeutica, di protezione, accudimento, affetto, verso i bambini nonostante l’assenza di conoscenza e le percezioni di distanza, paura e ansia che è possibile provare.  
b. l’impatto con la famiglia allargata
c. La scuola.
Nel periodo post-adottivo, un momento cruciale è rappresentato dall’ingresso a scuola che, se fondamentale nella  crescita di ogni bambino e bambina, ancora di più rappresenta per un
bambino adottato il primo luogo in cui sperimentare l’incontro con la nuova società in cui si trova a vivere. L’enorme potenziale che la scuola riveste riguarda, per il bambino adottato, sia la dimensione relazionale e affettiva che quella degli apprendimenti. E’ facile riscontrare difficoltà nel bambino adottato principalmente perché ha un passato difficile da rielaborare spesso segnato da dolore e solitudine e quando varca la soglia della la scuola sta ancora costruendo legami affettivi in un presente carico di sfide. Ha il desiderio di apprendere, ma è bloccato dal timore di non farcela e a volte anche da difficoltà cognitive conseguenze di situazioni di deprivazione.
E’  oggetto di attenta riflessione  la possibilità di dover inserire immediatamente il bambino alla scuola dell’obbligo senza dargli  la possibilità di affrontare gradualmente il passaggio alla nuova famiglia e consolidare prima la relazione con le figure genitoriali.
Il bambino ha bisogno di tempo e tranquillità  per riuscire a concentrarsi sulle attività scolastiche econviene che questo si ottenga prima di ogni altra cosa  grazie ad un buon inserimento  primariamente  in un contesto familiare  che lo apprezzi e gli permetta  di esprimere le differenze di cui è portatore per permettergli di affrontare poi, con gradualità, l’inserimento nel contesto scolastico.

Genitori in gruppo                                                                                                                                                                                  
Sono più di 300 i bambini che ogni anno vengono adottati da famiglie emiliane, l’ aumento dell’età, la provenienza e le esperienze di vita precedenti all’adozione, sono fattori determinanti per lo stato di salute psicofisica dei bambini adottati, e richiedono quindi una particolare attenzione dalle figure professionali incaricate di promuovere, insieme alla famiglia il benessere dei bambini.
E’quindi sempre più complesso seguire le famiglie che adottano oggi,  quindi importante è poter garantire alle famiglie adottive forme di sostegno specifiche che consentano loro di non sentirsi sole nell’affrontare i momenti difficili che incontrano nella crescita dei figli e possano essere utilizzate al bisogno, e non secondo i canoni degli interventi psicologici.
Nell’ambito delle diverse modalità di presa in carico e di sostegno, nel tempo, delle famiglie adottive- sostegno nei primi due anni di post-adozione a tutti, prosecuzione al bisogno nelle
diverse tappe di crescita – nel Centro Adozioni “La Maloca” si è consolidata ormai nel tempo la conduzione di incontri di gruppi di genitori. Il gruppo di sostegno è pensato come un percorso di accompagnamento, di aiuto che prepara ad affrontare le difficoltà e non sostituisce ma integra  gli incontri individuali. Il gruppo può servire come supporto, come cassa di risonanza  delle emozioni, i come contenimento delle tensioni quotidiane, costituisce uno spazio per pensare in cui ognuno si confronta con i differenti punti di vista  e comportamenti degli altri. La partecipazione ai gruppi di sostegno viene proposta  all’arrivo del bambino e viene a configurarsi in un’unica traiettoria con il pre-adozione rappresentabili in un continuum di offerta di accompagnamento verso una genitorialità e affiliazione generatrici di benessere. Il gruppo funziona come una mente unica e contenitiva, offre ai singoli partecipanti, attraverso il confronto e il rispecchiamento, la possibilità di dare voce, partendo da racconti della quotidianità, a sentimenti profondi e di costruire insieme pensieri, riflessioni, consapevolezza di essere famiglia adottiva.
Alcune premesse possono chiarire l’impostazione metodologica:
– credere nelle potenzialità evolutive delle persone, coppie, famiglie
– rapporto genitoriale e affetti familiari per tutti i bambini sono un elemento terapeutico
– investire nella scelta di accompagnamento delle coppie all’adozione ed essere loro vicini nei momenti delicati che caratterizzano l’ avvio della relazione genitoriale e le successive fasi di passaggio più cruciali in una relazione calda accogliente
– aiutare i genitori a vedere e mettere insieme, a ricomporre le diverse parti dei loro bambini che spesso si manifestano in modo frammentato e disarmonico
– aiutare i genitori a diventare esperti dei loro figli.
Per realizzare questi obiettivi è importante e opportuno che il percorso di aiuto venga effettuato dalle persone con le quali la famiglia ha stabilito un contatto di fiducia nella fase della preparazione precedente.
Questi incontri si realizzano nel primi due anni e sono “vivamente” consigliati per le coppie che all’atto del conferimento dell’incarico all’Ente sottoscrivono un impegno formale a seguire il percorso e sono state nel corso degli anni verificate, aggiustate, ampliate anche in seguito alle prescrizioni del paese straniero.
Si compongono ad oggi in10/12 incontri nei primi due anni  e  altri possibili incontri in quelli successivi.
Generalmente gli incontri si effettuano di sabato pomeriggio, sono attivati nella sede principale di Parma e in quelle distaccate nelle  Regioni in cui opera l’Associazione,   di circa 2 ore e trenta, la composizione del gruppo nella prima parte del percorso è di 6/8 coppie, più allargata e assembleare nella seconda parte.
Hanno come presupposto che i problemi, i comportamenti di difficile interpretazione, non sono eventi negativi ma segnali quindi opportunità preziose,  occasioni utili alla crescita della relazione tra genitori e figli.
L’intervento di accompagnamento al nucleo adottivo può proseguire anche negli anni successivi nel caso in cui si ravvisi l’opportunità di accompagnare particolari fasi evolutive come ad esempio l’entrata nel periodo dell’adolescenza  o nel risolvere specifiche problematiche psicologiche o comportamentali.
 
Gli incontri hanno alcuni obiettivi fra cui:
– aiutare le famiglie a svolgere più adeguatamente i propri compiti educativi e relazionali, attraverso il confronto e la condivisione con altri genitori
– prevenire sentimenti di impotenza e solitudine, presupposti sfavorevoli per affrontare l’insorgere di difficoltà
– sostenere emotivamente la famiglia, per stimolare e favorire l’elaborazione psicologica intorno agli eventi critici insiti nel percorso
– analizzare i comportamenti dei bambini per comprenderne i significati profondi, al fine di individuare insieme risposte e scelte genitoriali adeguate
– prevenire il rischio di fallimento adottivo e l’insorgere di disturbi nella relazione familiare.
Gli stimoli che generalmente si propongono nel corso degli incontri corrispondono in genere a quelli portati spontaneamente dai genitori e sono:
– L’inserimento del bambino nella famiglia: la costruzione di una buona relazione  di attaccamento, comportamenti e relazioni
– I comportamenti regressivi dei bambini
– Le relazioni con le famiglie estese
– Come cambia la relazione di coppia
– L’arte di  porre dei limiti

–   Il tema della rivelazione delle origini
–   Inserimento del bambino nei diversi contesti educativi.

Riferimenti bibliografici
G.Bandini(a cura di) Adozione e Formazione Edizioni ETS, Pisa, 2007
Commissione per le adozioni internazionali, Istituto degli Innocenti
Il post-adozione fra progettazione e azione , Istituto degli Innocenti, Firenze, 2008
L.Paradiso Prepararsi all’adozione Edizioni Unicopli, Milano,1999,2002,2015a
L.Paradiso Parenting adottivo.Funzioni, stili e competenze genitoriali adottive,Tangram Edizioniscientifiche,Trento, 2015 b
Regione Emilia Romagna Seminario Regionale Bambini e famiglie nel post- adozione Bologna,2007

Tags: